lunedì 24 aprile 2017

Chia Laguna Half Triathlon - Nonostante ...


Mentre mi reco in auto a Chia per la gara, metto il riscaldamento a palla per fare il pieno di calore e la musica a volume alto per coprire pensieri rumorosi. Sono i soliti pensieri. Chi me lo fa fare di uscire dal calduccio di questa auto per buttarmi nel mare gelido con la tosse e il raffreddore? Che obiettivi posso mettermi nelle condizioni in cui sono? Che gusto c'è a fare una gara così solo per finirla, ammesso che ci riesca, quando ho già finito gare ben più difficili? Come farò a divertirmi senza essere competitivo? Cosa farebbe un verme al mio posto? Non trovo risposte ma non faccio inversione a U per tornare a casa e sdraiarmi sul letto. Le risposte verranno, spero, vivendo l'esperienza e, nonostante la malattia che mi ha impedito di allenarmi nelle ultime due settimane, lasciandomi, fino a ieri, in condizioni pietose dopo ogni minimo tentativo di allenamento e che ancora mi possiede, nonostante … , alzo ancora il volume della musica e tiro dritto verso la partenza.

Mi sento debole e indolenzito. L'obiettivo sarà cercare di sopravvivere guardandomi intorno per cercare di capire perché lo sto facendo. Nel nuoto questo mi induce a partire con un'andatura tranquilla, cercando la bracciata lenta ma efficace. Al secondo giro però sento il freddo che mi entra dentro. Per sopravvivere devo anche evitare di morire assiderato. Accelero o, almeno, sbatto i piedi più forte e scuoto le braccia con maggior vigore per non congelare. Mi basterebbe alzare un braccio per farmi ripescare e riportare a riva ma non manca molto ed esco in 41 minuti. Dietro sono in pochi ma, nonostante tutto, sono vivo e questo, oggi, è ciò che conta. Uscito dall'acqua fatico a corricchiare per raggiungere la zona cambio. Arrivato alla mia postazione tolgo la muta con difficoltà e comincio a tremare. Tutte le operazioni diventano complicate con il parkinson. Non avendo maglie di lana, mi infilo il gilet antivento e, dopo un tempo indefinito, inforco la bici e parto.

Grazie Andrea per le foto!

Dopo le prime due salite, la temperatura corporea è tornata a livelli da “uomo vivo”; lo svantaggio è che, uscendo dall'ibernazione, mi è tornata la sensibilità e con essa la consapevolezza del mio stato. Come prevedevo, la debolezza si fa già sentire. Sopravvivere vuol dire non spingere troppo sui pedali per non far diventare la fatica “esaurimento”; non combattere contro il gps e accettare con serenità il suo verdetto o almeno provarci. Solo nel tratto più tecnico e bello della fantastica provinciale costiera mi diverto; sulle salite il mal di gambe mi sembra abbia uno scopo: arrivare alla prossima discesa. Incrociando Jan Frodeno, in testa alla gara, gli urlo: “go go go go!” e vedo che mi fa un cenno di apprezzamento! Non è una macchina e, per fare quel gesto, si è scostato per un attimo e di qualche centimetro dalla posizione aerodinamica perfetta. Questa sì che è una soddisfazione! Grande Jan.

Riesco a finire anche la seconda frazione: 3h05 per gli 85 km di gara sono una prestazione assai mediocre e 20 minuti più dell'anno scorso ma, nonostante tutto, sono vivo e oggi è ciò che conta di più.

Inizio a correre a fatica e mi guardo intorno. Il percorso consiste in 4 giri da 5 km da fare “a bastone”, in cui, a parte Jan che è già arrivato, si incrociano più volte tutti i concorrenti. Ad ogni giro, si conquista un braccialetto elastico di colore diverso e vedo che i miei soliti avversari hanno tutti già completato almeno un giro e Teo e Francesco sono molto avanti, nonostante anche loro abbiano i loro bei “nonostante”. Presto ritrovo un passo efficace e il gusto del gesto e inizio a superare. La sensazione di stanchezza è attenuata dal confronto con chi mi sta vicino. Supero tutti … o quasi; “attenzione” mi dice uno in bici; mi metto dietro la linea gialla e guardo passare il treno in transito: è Sara Dossena e resto a bocca aperta per l'ammirazione.
Eccesso di velocità? Marescià, la prego, non mi faccia la multa!
Fra i tanti, supero una donna, la sesta in classifica. “Complimenti, bel passo”, mi dice. “Grazie, ma sto per morire” rispondo. Mi si accoda e mi segue. Al secondo giro devo abbandonare il bel gesto e arretrare un po' il busto per evitare che mi si blocchino completamente i polpacci. La spinta è comunque efficace, almeno confrontata con quelli che mi circondano. Sto correndo ad un ritmo intorno ai 4'30” al chilometro e tanto basta a farmi sentire forte. Curiosamente, ieri dopo un chilometro e mezzo a questo ritmo mi sentivo a pezzi; oggi il miracolo dell'ultima frazione si sta ripetendo. Giro dopo giro, Teo si avvicina ma troppo lentamente per sperare di raggiungerlo; sono sempre più stanco e, all'ultimo ristoro, indugio qualche secondo. La triatleta che mi segue mi incita a non rallentare “continua così, mi stai facendo da lepre!” Non me lo faccio ripetere, anzi; gli ultimi due chilometri aumento l'andatura e supero diversi concorrenti ma arrivo distrutto al traguardo, in 1h32. Nonostante tutto, sono ancora vivo. Ora però cerco un posto comodo per morire.

La fascia del chip ha lasciato una striscia sanguinolenta intorno alla caviglia ma, come anche la vescica nel piede, è per me un dettaglio di scarso rilievo, un lieve fastidio e nulla più. La frustrazione per non essere riuscito ad andare forte quanto avrei voluto, soprattutto in bici, è compensata dalla soddisfazione di aver portato a termine la gara decentemente nonostante … le sfide in gara sono quasi sempre precedute da sfide a chi ha il “nonostante” più grosso. Questa volta Teo le ha vinte entrambe ma nonostante ciò, sono soddisfatto. Il nonostante c'è sempre ma oggi di più; lo dichiaro sempre ma solo dentro di me posso sapere quanto sia autentico e quindi questa soddisfazione me la tengo per me. Mi offro una birra al bar e me la bevo da solo, con molta calma, seduto al sole sulla terrazza del Chia Laguna. Me la dovevo.

Poi mi alzo e torno a socializzare.

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