martedì 16 agosto 2016

Un cornetto per colazione

Tre settimane dopo la Trans d'Havet, finalmente sento tornare la forma. Gli strascichi di stanchezza, affanno, dolorini che si sono protratti per più di 15 giorni, stanno sparendo e una nuova forza, forse superiore a quella precedente alla gara, mi riempie le gambe. Correre mi dà di nuovo sensazioni appaganti e ne voglio approfittare. “Vado a fare una corsetta, colazione la faccio dopo.”

E' domenica, il mio ultimo giorno di permanenza a Vervò, paese sulle montagne del trentino dove quest'anno ho rinnovato il tradizionale soggiorno estivo.
La gita al Corno di Tres, il monte che si affaccia sulla val d'Adige, dominandola da 1600 metri più in alto e quasi mille sopra il paese, è un classico che, grazie allo spettacolo che si gode dalla cima, si ripete ogni anno con piacere.
Quando ero bambino, si partiva a piedi dal paese per la lunga camminata; su per via “Cornel”, la strada lastricata che dalla chiesa porta al parco dei “larseti” con una pendenza del 20%. Poi, da lì, il ripidissimo sentiero che attraversa il bosco fino ai prati della “Predaia” e poi ancora su, dritti per i prati fino al rifugio dei “Tedeschi”. Ora, per faticare di meno, si arriva fino a lì, a metà strada, in auto, allora no, faceva parte della gita. Dai Tedeschi, le pendenze si addolciscono, si rientra nel bosco risalendo la strada fino alla radura dove sorge la malga Rodeza, altri due chilometri di strada forestale, un ultimo strappo su un sentierino scosceso che si faceva a tutta facendo a gara per arrivare per primi e dopo un'intera mattina di fatica si era finalmente su, in cima al mitico Corno di Tres, con la vista che spazia sulle vicine pareti rocciose delle dolomiti di Brenta con dietro in lontananza le cime innevate dell'Adamello e, dall'altra parte, al di là dei precipizi sulla val d'Adige dove si ha l'impressione di poter arrivare con un salto, si possono riconoscere i gruppi dolomitici del Catinaccio, del Latemar e, con l'aiuto della fantasia, la cima piatta del Sella e forse anche quella della Marmolada col suo ghiacciaio.
La vista ripaga da tutte le fatiche. Poi si faceva un pranzo al sacco con panini resi ottimi dall'appetito e il classico strudel e infine la lunga discesa, la corsa giù per i prati, poi per il ripido sentiero per arrivare a casa a sera stanchissimi e con le gambe rotte.

Quando esco di casa so bene dove andare. Quest'anno non sono ancora mai salito al Corno. Prendo la salita più diretta per il parco, poi attraverso il bosco. Sto bene e riesco a correre quasi sempre, camminando a passo veloce solo negli strappi più ripidi. Poi attraverso i prati con l'erba alta bagnata dall'umidità notturna che mi infradicia i piedi, raggiungo la strada e in poco meno di mezz'ora sono ai Tedeschi. Continuo a correre lungo la sterrata, passo accanto alla malga e in 57 minuti arrivo all'ultima rampa prima della cima. Come quando ero bambino, la faccio a tutta, questa volta per provare ad arrivare alla cima in meno di un'ora ma non ci riesco per una decina di secondi.
È almeno la ventesima volta che salgo lassù ma provo ancora meraviglia. Che splendore. La giornata è perfetta e lo sguardo penetra l'aria per decine e decine di chilometri. Resto un paio di minuti sullo spiazzo ancora deserto della cima, corricchiando di qua e di là, agitato dall'adrenalina e dalla paura di perdermi qualche angolo di questo magnifico spettacolo. Poi mi butto in discesa ripercorrendo a ritroso il percorso dell'andata e in poco più di mezz'ora sono di nuovo a casa.
Sono cresciuto e le prospettive, ora che sono grande, sono diverse. La gita di un giorno si è trasformata in una corsetta mattutina, il mitico Corno in un cornetto ripieno di meraviglia, giusto giusto per la migliore delle colazioni.

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