mercoledì 5 marzo 2014

Il filo

Il filo su cui camminiamo in equilibrio da ragazzi, con gli anni, si intreccia in una tela che ci avvolge comoda e rassicurante, in attesa del grande ragno.

Equilibrio instabile. Io, quando parlo di un fazzoletto, parlo di un pezzetto di stoffa, di un rifugio per ficcanaso, di quell'oggetto misterioso di cui Martino non ha ancora capito la funzione (provate voi a spiegargli perché non si usa la manica). Per Maria invece il fazzoletto è parte di una trama che lega indissolubilmente tutti gli oggetti, le persone e gli avvenimenti che hanno avuto a che fare con lei. Alla domanda “perché hai preso i miei fazzoletti?” potrebbe rispondere con “e tu perché quella volta ...” e, replicando alla mia risposta, riuscirebbe ad allargare ulteriormente l'ambito della questione mettendo in discussione tutto quel mondo e l'equilibrio su cui si regge la mia comoda ragnatela.

La cronaca. Da qualche tempo avevo notato che la grande scorta di fazzoletti che mi ero fatto svuotando il cassetto di mio padre cominciava a scemare.

Oggi ho cercato di risolvere il mistero, andando a rovistare prima nei cassetti dei ragazzi, e finalmente in quelli di Maria. Ed è lì che, con mia sorpresa, ne ho trovati 3 ben sistemati in una scatolina proprio come se fossero stati suoi. Me li prendo, uno lo metto in tasca e infilo gli altri due nel gran mucchio del mio vestiario pulito, in zona “biancheria” (sulle le pendici meridionali del mucchio) e penso “ora glielo dico e chiariamo la situazione”. Sento uno scricchiolio. Il filo si sta tendendo e per evitare il rischio di spezzarlo decido che è meglio tacere e ricomprarli. La tensione cala. Ora la tela mi avvolge comoda.

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